domenica 30 settembre 2007

"E' iniziata la raccolta..."


In Valle di Non, in questi giorni, tutti gli abitanti o quasi, sono impegnati in un unica attività: raccogliere, o, meglio, “coir”. Mesi di preparazione, di studio attento delle piante, del clima, fino al fatidico giorno, in cui il Consorzio si pronuncia e dice: “via, si parte”, e per tre settimane circa i campi si affollano di solerti raccoglitori che sono i figli della valle ma che negli ultimi anni sono spesso stranieri dell’est o africani.
La mela più che mai in questo periodo diventa il centro della vita dell’anaunia, ma c’è qualcuno, sull’ultimo lembo di terra sfuggito alla coltivazione delle mele, che si dedica ad altro.
L’area delle Plaze è un luogo particolare della valle. Se non conosci il luogo esatto difficilmente ci arrivi, la strada che vi conduce, poco sopra Dermulo, potrebbe essere scambiata per una strada padronale che porta in mezzo ai campi. Se anche imboccassi la strada giusta, e arrivassi fino alle Plaze, la prima impressione non sarebbe un granchè. Una radura ampia circondata da un bosco fitto e intricato, una strada che declina verso le rive scoscese del lago. Se il livello del lago è basso, la strada per l’acqua è lunga e ti tocca camminare un po’ su una sassaia franosa. Il paesaggio è grigio, qualcuno direbbe lunare. Tira aria, di giorno da sud a nord, la sera cambia direzione e spinge la corrente verso la diga.
Per alcuni abitanti della valle di Non le Plaze però significano molto. Sono l’unico luogo della valle dove non ci sono meli tra le scatole, dove si possono vivere serate interessanti e divertenti senza girare come pazzi in macchina, dove basta accendere un fuoco per accendere la parola, dove puoi infilarti nel grand canyon a 3 km da Dermulo.
Qui, mentre la valle impazzisce per raccogliere le mele, succede che un gruppo misto anauno-trentino si dedica ad altro. Non passa il tempo affaccendato tra secchi e scale a raccogliere i benedetti-maledetti pomi, ma coltiva la tortuosa strada dell’utopia, dedicandosi ad altro tipo di raccolta. A pensare solo alle mele, alla fine ci si convince che la valle possa dare solo mele. E non si pensa ad esempio al lago e ai multiformi doni che riserva a chi ha la pazienza e la follia di raccoglierli. Sabato, per un paio di ore o poco più una squadra di volenterosi ha percorso un tratto di riva con la zattera battente bandiera birmana, prelevando dalle rive del lago qualche quintale di legna e materiale vario che ha trasportato in zona plaze per destinarla alla costruzione della città.
I pezzi di legno, lisciati dai flutti impetuosi che si gettano nel lago dalle montagne vicine, assumono le forme più strane e ad osservarli bene ci vedi teste di dinosauri,la tromba di Miles Davis, l’ala di un angelo o quello che in quel momento ti suggerisce la mente.
L’utilizzo dei pezzi di legno è ancora da decidere, e qui sta il bello di Ecoart, pur nell’ambito di un disegno complessivo, c’è molto spazio per l’improvvisazione, per farsi ispirare da una nota, da un movimento, da un’idea nata lì per lì, proprio come facevano quei tali, su un palco inglese, 37 anni fa circa. Non è un caso che sabato sera si sia proiettato “a different kind of blue”, il concerto di Miles Davis e dei suoi amici al festival dell’isola di Wight, “il più grande festival pop della storia”. Il documentario, suggestivo e coinvolgente, trasmette la magia di quegli attimi, in cui alcuni straordinari musicisti si trovarono a suonare jazz davanti a una platea immensa e sperimentarono intrecci, intese, dialoghi nel momento, assecondando il flusso delle note e l’energia della musica. Una cosa potentissima, è per questo unica, irripetibile, storica.
Fatte le debite proporzioni, ecoart è una jam session di individui benintenzionati a creare suggestioni, visioni, occasioni di socialità nuove e mai sperimentate, con un obbiettivo chiaro in testa, ma mille modi possibili per raggiungerlo.
L’obbiettivo è ricreare un luogo, farlo diventare uno spazio di relazioni e di senso, contribuire a disegnare una nuova socialità per la valle di Non, alternativa alla parrocchia e alle sbornie da pub, inventare un modo diverso di intendere i rapporti umani ed economici alternativi alla razionalità economica del pomo-pensiero.

Per giungere a questa meta ci sono mille modi possibili, ma che dovrebbero tutti rispondere ad almeno tre requisiti:
• essere esteticamente notevoli
• essere simbolicamente rilevanti
• essere utopici e umanisti nel senso che devono essere caratterizzati dalla fiducia nell’uomo e nella sua possibilità di rendere il mondo un luogo bello, giusto e ospitale.

Una cosa da poco, come è evidente, ma tutti gli sforzi vanno in questa direzione.
Ogni fine settimana, alle Plaze, si lavora per trovare i modi. C’è bisogno di braccia, idee e cuori.

2 commenti:

  1. Siete sicuri che tutti o quasi tutti in Val di Non lavorino alla raccolta o alla lavorazione delle mele?

    Nemmeno io lo so, ma voglio provare anch'io a fare una stima:

    meno del 30% del totale della popolazione nonesa, durante la settimana lavorativa e un 50 nel fine settimana

    Michele

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  2. grazie per il commento michele.
    A me pare che tutti siano nei campi, ma forse è la mia impressione fallace da persona che viene da fuori.
    Se conosci qualcuno che non raccoglie, portalo alle plaze, che ci serve una mano!

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