venerdì 28 dicembre 2007

"Rivoluzione o ricreazione?"

Domenica 30 Dicembre 2007, l'allegra e scanzonata masnada di Ecoart07, si riunirà alle ore 9.30 presso la Città dell'Utopia, per poi dirigersi, in un pellegrinaggio tra il sacro e profano, lungo i luoghi della rivoluzione.
Il cammino, la fatica ed il freddo, perchè questo sarà, ci aiuteranno a riflettere...
Perchè i Carneri si riunirono il 29 Maggio del 1477 a Sanzeno, al grido di "viva il popolo morte ai signori!", rivoltandosi alle vessazioni del potere vescovile?
Perchè Andreas Hofer, il 7 Luglio del 1809, si recò in pellegrinaggio all'Eremo di S.Romendio, al seguito di 600 miliziani, sollevando il popolo contro il re di Baviera e le truppe napoleoniche?
Il cammino, la fatica ed il freddo, perchè questo sarà, uniti alla misticità dei luoghi, daranno risposta alle nostre domande...prima fra tutte...

"di cosa abbiamo bisogno all'alba del 3°millennio?"

forse noi siamo rivoluzionari...


descrizione "pellegrinaggio":

ore 9.30 ritrovo Città dell'Utopia (Plazé 540 slm)

ore 10.00 si parte!

Ci si incamminerà lungo un sentiero boschivo (latifoglie misto conifere), in forte pendenza, fino al raggiungimento della SS43, attraversata la quale, il sentiero proseguirà, sempre in pendenza (forse un po' meno forte), tra aree boschive e meleti, fino agli inizi dell'abitato di Coredo (831 slm), da lì ci si dirigerà verso la frazione Tavon (856 slm), lungo una strada pianeggiante e soleggiata, per poi discendere, dopo essere passati in prossimità dei Laghetti di Coredo, lungo una strada boschiva, che ci condurrà al Santuario di S.Romedio. Ammirata l'imponenza della costruzione e catturati dalla misticità dei luoghi, libereremo Jurka (mola a disco...) e riprenderemo lentamente (una diceria popolare vuole che gli orsi abbiamo difficoltà a "correre" in discesa, data la minor lunghezza dei loro arti posteriori) il nostro cammino, servendoci del sentiero scavato nella roccia (500m) e sospeso nel vuoto (300m), ripristinato per il caso dalla PAT, per agevolare la nostra fuga, lungo il tracciato di un canale irriguo del'800, che ci condurrà al Museo Retico nelle vicinanze dell'abitato di Sanzeno (645 slm), da lì attraverseremo l'abitato fino a raggiungere la Basilica dei SS. Martiri, luogo in cui, Sisinio, Martirio ed Alessandro, fallito il loro tentativo di evangelizzazione, vennero messi al rogo dalle popolazioni auctoctone (pagane). Riflettuto sui rischi del "portare novità" in queste valli, scenderemo lungo stradine di campagna (prive di mezzi agricoli data la stagione) fino a raggiungere le "coste" del lago, lì, per i più audaci, ci sarà la possibilità di cimentarsi in un radicato sport locale, il "rodelon dai crozi", i meno audaci, ma comunque temerari, se giunti fin qui, vedranno di scendere con delicatezza i pendii scoscesi del lago, onde evitare d'imprimere i propri "sacri stampi" sul fragile terreno, già soggetto di suo a soventi smottamenti ("se lo riempiamo tutto come facciamo poi ad andare in zattera?"). Giunti ormai a quota lago 540 slm, quota 0 per il nostro pellegrinaggio ("mi raccomando non andate in immersione, perchè l'acqua è fredda e la zattera è al largo...) attraverseremo il Ponte Romano, che romano non è essendo del 1854, e qui, stremati, ma appagati (mai) ci lasceremo cullare dall'ormai familiare tempore della "nostra" città...

ho voglia di lago...

-rudi

info: si consigliano vivamente vestiti pesanti, dato il clima mite della nostra valle in questa stagione, scarponcini comodi...siamo in pianura, ricordatevelo...e "energetici" di ogni sorta...l' "Agenzia viaggi Ecoart" non propone mai viaggi facili...né fisici...né mentali...

lunedì 3 dicembre 2007

"Silenzio sopra la città"

Ma no, non è finita! Come fa a finire una cosa bella, che vogliamo tutti, che ci ha fatto stare così bene? Si, è vero, l'inverno arriva, ma poi, come è arrivato se ne andrà, e torneranno a sbocciare i fiori, l'aria si farà di nuovo tiepida e noi saremo ancora lì, a godere del mondo, a parlare di futuro, a immaginare isole sconosciute, a costruire i pezzi della città che ancora mancano...

o no?

o invece finiremo per bruciare tutto, pezzo per pezzo, nel falò delle vanità e delle speranze, delle emozioni e delle promesse? Certo che sarebbe forte, portentosa, una performance drammaticamente intensa. Infinite ore di lavoro, miliardi di parole, in un grande fuoco muto. Per ricominciare, magari, per prendere altre strade, per riprovarci.

Mi pare che il mondo vada a scatafascio, gli uomini hanno sempre più paura, noi, nel nostro piccolo, ci abbiamo provato. Non abbiamo cambiato il mondo, questo è certo, ma abbiamo cambiato noi stessi, questo è sicuro.

clean up your mind!

venerdì 30 novembre 2007

"Inaugurazione"

primo dicembre. AtroceEcoartCreato07
Da una sera passata a discutere alla Vecchia Trento, da Trento, Cles passando per Nave S.Felice sono emerse le seguenti considerazioni:
(continua a valere il principio che chi si prende in carico una cosa la inizia e la porta a termine: si organizza.)
(oltre a essere una presentazione, un punto e virgola, è anche una occasione per fare un minimo di autofinanziamento. Le spese che ci saranno verranno coperte, poi tutto e per tutti sarà a pagamento.)

Bevande. Questione per molti versi risolta. Curerà tutto Lorenzo Nichelatti. Acquisti in conto vendita di vino, birra, succhi di frutta, acqua, tisane, biscottini, cioccolato, grappe. Bicchieri inclusi. Vin Brulè e tazze escluso. Serviranno solo due tavoli e due panche, una mano ad allestire il bar, una mano domenica per darsi il cambio. Fondamentale la questione caffè: servirebbero termos.
Piatti e posate. Enrico e Silvia giovedì potrebbero portare a Cles una trentina di piatti. Per quanto riguarda vassoi, mestoli ecc. ci sono a Cles (Rudi – Stefano). Importante sarebbe comunque che il piatto e le posate le si portassero lo stesso.
Porchetta-Contorni: Mirko. Gli interessati lo contattino. Sabato sera inizierà la cottura, proseguirà tutta la notte in località Plazze.
Polenta. Stefano. Paiolo (Moud?)
Pizza. La pasta per la pizza dovrebbe prepararla la mamma di Rizzo. Per tutto il resto servirà un po' di intraprendenza. Abbiamo tutti la strumentazione necessaria.
Legna. Tantissima (serve per due giorni: porchetta, falò e parlamento). Rudi – Stefano.
Tavoli e panche. 15 – 30. Rudi e Stefano.
Bottiglie di plastica. Dalla pulizia del lago sono state recuperate diverse bottiglie e barattoli. Cercavamo un modo per poter lasciare nella città dei messaggi che durassero tutto l'inverno. Puliremo le bottiglie e i barattoli. Scriveremo dei messaggi su fogli, li arrotoleremo e poi verranno infilati nella pasta ('ditalini') o in un elastico e poi messi nelle bottiglie.. Sul terreno verranno piantati dei paletti sottili e le bottiglie vi verranno legate o infilate con dentro il messaggio. Le bottiglie verranno messe in vari luoghi a seconda del tema del messaggio, anche appese ad alberi.
Per i messaggi chiediamo la collaborazione di tutti. Vanno bene frasi, foto, disegni, tutto.

Serve spago. Biro e colori, anche pastelli. Agende su cui scrivere.
L'operazione proseguirà anche la domenica.
Specchi. Già pronti, 90. serve materiale per appenderli (Rudi Stefano)
Insegna. Giovedì sera verrà finita, a Cles. Beatrice.
Cinema. Serve scaletta film.
Libreria e Bazar: Milena sta raccogliendo titoli di libri. Bisognerà passare alla sede del Lab Mod e recuperare il resto dei materiali (FdA vecchi e nuovi, magliette, libri, scaffali, coperte...)
Parlamento. Servono i temi (Rizzo).
Musica e Letture sul palco: manca un programma. Dovrebbe essere un problema anche se nessuno è in panico. L'importante sarà, in caso, sapere cosa leggere.
Prolunghe e generatori. Rudi.
Faretti (Enrico ma meglio Fausto....).
elettricista: Silvia chiederà a Nicola.
Portare alle Plazze: legna, tavoli, panche, materiale elettrico, generatori, specchi (fatti e da fare), bottiglie, spago, matite, colori, biro, agende, pasta (ditalini), elastici, porchetta....
allestire: cinema (Rizzo), parlamento (accatastare legna e affiggere programma (?)), insegna (Stefano), mara specchi, libreria-bazar (milena), Barachab (Lorenzo), Cucina-porchetta (Mirko), palco, tavoli e panche, albero maestro, zattera (tirarla a lucido e scrivere nome).
Indicativamente:

la zattera andrà dalle 11,00 alle 12,00. poi dalle 14,30 alle 15,30 rifiniture la mattina.
Si pranzerà per l'una che sarà anche l'orario migliore per suonare.

Alle 15,00 sarebbe bello se tutto funzionasse: cinema, parlamento, bazar, specchi, laboratori (specchi, bottiglie), bar, cucina, letture, zattera.
Alle 17,00 pulizia.
E’ soltanto un invito ad una città, migliore e meravigliosa, la cui forma si può solo intravede.
E’ soltanto intravedendo la meraviglia, che formare una città può essere migliore dello stare solo.

lunedì 19 novembre 2007

"Si avvicina..."


a tutti coloro che pensavano che la storia si fosse fermata con il crollo del muro di Berlino, a tutti coloro che hanno votato dalla parte sbagliata pentendosene una volta che la scheda era finita nell'urna, a tutti coloro che non credono più all'amore, a tutti coloro che pensano che il mondo è ormai fottuto, a tutti coloro che continuano a sperare,

diciamo

ecoart non è finita

anzi, deve ancora iniziare, e infatti inizia domenica prossima alle plaze (e dove, sennò). Vi aspettiamo quando è caldo, dalle 12 alle 16 circa.

programma:
saluti di benvenuto delle autorità
presentazione della città, delle unità immobiliari, dei servizi per la gioventù
musica composta per l'occasione da valenti musicisti che sanno il fatto loro
cucina grassa e maiala che sprizza unto e bontà (interviene: on. Gianporco Fini)
discussioni varie e consegna della città al generale inverno
strette di mano, pacche sulle spalle, abbracci di commiato, baci

mercoledì 7 novembre 2007

"il blog ed ecoart..."

se si ferma il blog, non vuol dire che si è fermata ecoart 2007....
la cosa continua a lievitare come una pagnotta messa a riposare sul davanzale.
il ponte è servito per gettare ponti tra passato e futuro, tra noi e loro, tra realtà e utopia, tra acqua e terra.

Intanto pubblichiamo un pezzo del nostro Flaviano Bosco, che da grande esperto di cinema ci illumina sull'arte del nostro nume tutelare, l'immenso Werner...

Buona lettura!!!

(qui pubblichiamo solo una parte del pezzo che ci ha inviato Flaviano, per leggerlo tutto, CLICCA QUI)

La grande estasi dell’intagliatore Steiner (Die Grosse Ekstase des Bildschnitzers Steiner 1973) di Werner Herzog

Uno degli affreschi più singolari e simbolici di tutta l’arte antica è quello che orna la lastra di copertura della tomba del tuffatore di Paestum. Databile tra il 480-470 a.C., è ritornato alla luce solo nel 1968 ed ha rivoluzionato secoli di congetture e ipotesi sulla pittura degli antichi greci che, fino ad allora, veniva ricondotta semplicemente a quella vascolare. L’affresco raffigura il volo di un tuffatore nel momento immediatamente successivo allo stacco dalla piattaforma e subito prima di piombare nell’acqua di un fiume.
E’ un istante di sospensione, congelato in un’immagine che dopo più di ventiquattro secoli ha ancora la forza di colpire profondamente il nostro immaginario.
L’essenzialità del tratto e del gesto atletico che rappresenta hanno fatto in modo che il ritratto del misterioso atleta sia stato interpretato nei modi più disparati. Per alcuni è diventato l’allegoria dell’esistenza umana, di quel volo a parabola che dal grembo materno, in un battito di ciglia, ci consegna tra le braccia del tristo mietitore, sprofondandoci nel mare della morte.
Per altri, dallo spirito meno ossianico, il tuffo sarebbe la rappresentazione plastica dello slancio vitale di chi osa vivere nonostante il precipizio verso il quale sta inabissandosi. E’ un gesto muscolare e allo stesso tempo metafisico che, alla gravità e al nulla della morte, oppone lo stile e l’armonia, all’effimera parentesi della vita dell’uomo, la levità e la leggerezza della sospensione.
A partire da questa immagine e da questi concetti così singolari è possibile esplorare un aspetto della creatività di Werner Herzog tra i più sorprendenti e purtroppo, spesso colpevolmente, trascurato dalla critica cinematografica più parruccona.
In generale assistendo ai film del regista non si ha alcuna impressione di fragilità o di leggerezza. Anzi è più facile che ci venga da pensare al contrario. Una pesantissima nave trascinata con uno sforzo immane su per una collina in Fitzcarraldo; la marcia dei conquistadores, con corazze e cannoni, nella giungla amazzonica in Aguirre; l’estenuante scalata al Cerro Torre in Patagonia di Grido di Pietra; gli effetti dei bombardamenti e le devastazioni della prima guerra del Golfo in Apocalisse nel deserto e via di seguito.
Alcuni particolari, al di là delle apparenze, finiscono però per farci intuire un’altra possibilità, un’altra interpretazione. Gradualmente, quella che all’inizio pare solo un’impressione, poco più che una sensazione epidermica, diventa una certezza, quasi un’insospettabile verità.
Si pensi ai fuochi d’artificio sparati contro il cielo dal pazzo Stroszek in Lebenszeichen (Germ 1967), alla magnifica sequenza della farfalla nel finale di Mein Liebster Feind (Germ, GB 1999) o ancora alle note eteree e rarefatte che sottolineano le atmosfere di tutti i film di Herzog , prima, durante e dopo la collaborazione con Florian Fricke. Sarà così subito chiaro che il cinema del regista tedesco, che appare così fisico e materico, è in realtà tutto proteso verso l’immaterialità del sogno.
Della grande impresa, dello sforzo titanico, dell’avventura più estrema, Herzog cerca sempre di cogliere gli istanti di sospensione, di esitazione e in un certo senso di quiete. Non gli interessa tanto la tempesta ma, mi si passi la similitudine, il momento che immediatamente la precede, quando tutto può ancora accadere, quando l’incertezza e la tensione degli elementi è massima. Oppure l’istante che segue la buriana, quando ormai non c’è più niente da fare, quando gli eventi hanno già fatto il loro corso, e lo sguardo è libero di spaziare sull’orizzonte, in un certo senso, commemorando ciò che è stato.
L’occhio di Herzog si libra su in alto e dalle vertiginose altezze osserva, per poi precipitarsi giù nelle profondità più oscure dell’animo umano. Non c’è occasione migliore per comprenderlo che il film, La grande estasi dell’intagliatore Steiner.
Lo svizzero Walter Steiner è stato uno dei più grandi campioni che la storia del salto con gli sci ricordi. La sua gloria gli viene non soltanto dai suoi risultati agonistici e dalle sue vittorie, già di per se straordinari e rilevantissimi, ma dall’assoluta perfezione del suo stile e dalla grazia che seppe infondere al proprio sport, apparentemente così temerario e pericoloso. Vinse le olimpiadi invernali del 1974 e del 1977, a Oberstdorf in Austria nel 1973 Stabilì il record mondiale di salto dal trampolino atterrando incolume, è il caso di sottolinearlo, dopo un volo di 179 metri.
Herzog in gioventù praticò il salto con gli sci ed è ancora oggi un grande appassionato non solo di quella disciplina ma di tutti i cosiddetti sport della montagna. Nel 1973 non si fece sfuggire l’occasione, quando gli venne proposto dalla televisione di stato tedesca di realizzare un documentario su uno dei suoi idoli.
La grande estasi…, in questo senso, è anche la prova di come sia possibile fare televisione con intelligenza, utilizzando il catodo come mezzo d’espressione autentica senza, per forza, dover abdicare ai suoi fantomatici ritmi e alle esigenze di palinsesto.
Il regista si rappresenta nelle vesti di un singolarissimo telecronista che, con garbo e partecipazione, indaga sulle motivazioni e sulla tempra del campione. A posteriori, questo lavoro di Herzog giornalista, per così dire, gentile, ci fa capire quanto sia degenerato, nel breve spazio di qualche decennio, il giornalismo sportivo; oggi tutto giocato purtroppo sulla violenza del linguaggio e sul ritmo sincopato di immagini che hanno come unico scopo quello di far risaltare i logo degli sponsor.
Il film di Herzog si situa dichiaratamente a partire da un limite, quello segnato dal paletto che ricorda il punto esatto nel quale Steiner tocco terra dopo l’impresa del record. Oltre quel punto, si dice nel film, il salto con gli sci diventa inumano.
E’ un po’ questa la cifra di tutto il cinema di Herzog e cioè spingersi fino ai limiti estremi dell’esperienza umana, non per vederne la fine, ma per iniziare proprio dal confine di ogni possibilità, per provare l’esperienza assoluta dell’orlo della vita, del suo limite, del possibile e dell’im-possibile.
Il volo di Steiner diventa metafora di quel tipo di ricerca estetica che consegna il suo gesto, attraverso l’elaborazione di Herzog, definitivamente al mito.
Quella per il volo e per le vertiginose altezze è una delle ossessioni di Herzog non solo dal punto di vista cinematografico. E’ del 2004 un suo magnifico lavoro, che può anche essere interpretato come una bizzarra e avventurosa storia dell’ aviazione (The White Diamond, Uk/Germ).
Quanto sia fondante per il suo immaginario l’esperienza del salto con gli sci, lo testimoniano alcune meravigliose sequenze di un altro film del regista bavarese che in un certo senso fungono da antefatto al reportage su Steiner.
La protagonista del Paese del silenzio e dell’oscurità (Land des Schweigens und der Dunkecheit, 1970), la sordocieca Fini Straubinger, comunica con il mondo esterno (rispetto al suo handicap) attraverso una particolarissima sensibilità tattile, che le permette di esprimersi sfiorando le mani dei propri interlocutori secondo una sequenza stabilita dal linguaggio dei sordociechi. Herzog attraverso di lei ci conduce, letteralmente per mano, in uno tra i territori più estremi dell’esperienza umana quello del buio della menomazione nel quale comunque alcuni individui, diversamente dotati, conducono la loro durissima esistenza. Rivelatore è una sorta di sogno che la Straubinger racconta con le mani:

Da bambina, quando potevo ancora sentire e vedere, avevo assistito ad una gara di salto con gli sci; e quest’immagine ritorna sempre nella mia testa, come questi uomini volavano nel cielo. Vidi i loro volti molto da vicino…Mi piacerebbe che anche voi poteste vederli un giorno.

A Herzog però non interessa solo l’atleta Steiner, il campione del mondo, il personaggio pubblico.
Il suo sguardo vuole scoprire l’uomo che c’è dietro all’idolo delle folle, al supereroe dello sport, all’invincibile profeta del trampolino.
Per questo nel film ci troviamo davanti alla rappresentazione di un essere spesso sorpreso in momenti di fragilità assoluta, titubante, pieno di dubbi, l’esatto contrario del folle senz’ali che vola dai pendii innevati delle montagne e che gioca la propria vita, ogni volta solo per sport.
Herzog insiste molto sulla solitudine e sulla sensibilità del saltatore che però non rappresenta mai come l’eroe tragico della tradizione, il superuomo d’acciaio osservato nei rari momenti d’intimità, come vuole una certa retorica giornalistica. Per cogliere la vera essenza della personalità di Steiner, il regista ci mostra aspetti della personalità del campione che non riguardano assolutamente la sua attività di sportivo.
A questo proposito, una delle usuali, spericolate similitudini (nessi analogici) di Herzog, presenti in questo film come in molti altri, ha lo scopo di coniugare, con una parabola narrativa, due attitudini di Steiner che apparentemente non hanno nulla in comune tra loro.
Il campione di salto con gli sci è anche raffinato intagliatore di figure nel legno; Scultore di tronchi d’albero come è nella migliore tradizione dell’artigianato alpino. Lo stesso Steiner afferma nel film che il suo scalpello cerca di far scaturire, mettere in evidenza, quell’energia che la natura ha racchiuso nel legno.
Herzog, almeno visivamente, associa i voli di Steiner con gli sci, al suo lavoro di intagliatore, quasi a voler dire che l’atleta scolpisce anche l’aria così come il legno, traendone una forza straordinaria, creando nell’aria figure nuove, facendo della scultura un’arte aerea e leggera.
Sono fantasie, certo, iperboli narrative, semplici associazioni di idee, ma è proprio questo uno dei grandi pregi del cinema di Herzog, cioè quello di aprirsi continuamente all’interpretazione, permettendo all’immagine e all’immaginazione (dello spettatore) di costruire sempre nuovi scenari, riconfigurando continuamente il visibile e l’invisibile.
Per comprendere questa tesi, che sembra una farneticazione, è necessario contestualizzare Die Grosse Ekstase nella filmografia di Herzog. Sarà così immediatamente evidente quanto denso di significati simbolici sia ancora oggi il volo di Steiner.
A titolo di esempio si veda The Wild Blue Yonder del 2005 (L’ignoto spazio profondo, Uk/Fr), il risultato più riuscito ed estremo, almeno fino ad ora, del documentarismo astratto di Herzog che già negli anni 70 andava prendendo forma e raffinandosi con capolavori come Fata Morgana, Land des Schweigens, ecc.
Nelle ultime scene del film, alcuni fantomatici astronauti mandati ad esplorare lo spazio profondo ritornano sulla terra e si trovano, per uno scherzo dello spazio tempo, proiettati in un lontanissimo futuro quando il nostro pianeta sarà ritornato alla propria primitiva e selvaggia bellezza, naturalmente solo dopo che l’umanità sarà stata sterminata dal solito terribile morbo degno di ogni apocalisse fantascientifica.
Le parole che la voce fuori campo recita, mentre scorrono le immagini, del pianeta finalmente ritornato verde, sono praticamente le medesime dell’epitaffio che chiude La grande estasi…, a riprova di quella continuità narrativa e d’ispirazione che carsicamente collega tutte le opere di Herzog in un fiume di emozione e sentimento

Io vorrei essere solo al mondo,
io Steiner e nessun altra forma di vita.
Niente sole, niente cultura,
io solo sopra un’alta roccia,
senza tempeste, senza neve,
senza banche, senza soldi,
senza tempo e senza respiro.
Allora di sicuro non avrei più paura.

Gettare uno sguardo oltre le frontiere dell’umano, vedere, anche se per un solo istante, l’immagine di un mondo incontaminato e selvaggio nel quale la purezza e la bellezza non possano essere sfiorate dalla brama e dal desiderio degli uomini. E’ questa forse la più grande utopia dell’arte di Herzog: spingere la propria immaginazione là dove nessun essere umano potrà mai mettere piede.
L’umanità è solo una meteora che in un breve istante si consuma nel cielo della storia del cosmo; il futuro,probabilmente, non prevede la nostra presenza; la vita, la natura minerale e biologica del nostro pianeta, prima o dopo, finirà per riappropriarsi degli spazi che artatamente gli abbiamo sottratto, e allora saranno i silenzi e la calma dell’incoscienza, o meglio, dell’ a-coscienza. Non sembri un paragone irriverente ma vengono alla mente i versi di una vecchia canzone dei Nomadi:

Nemmeno un grido risuonerà…
E catene di monti coperte di neve
Saranno confine a foreste di abeti
Mai mano d’uomo le toccherà
E solo il silenzio come un sudario si stenderà
Fra il cielo e la terra, per mille secoli almeno
Ma noi non ci saremo.

Il tuffatore di Paestum, il saltatore Steiner, gli esploratori spaziali, nell’immaginazione di Herzog, e secondo l’interpretazione che si è scelta, sono così uniti dalla vertiginosa arditezza del loro salto, simbolo della sfida dell’umanità intera all’ignoto, sotto qualunque forma esso voglia presentarsi.

domenica 28 ottobre 2007

"Ecologia della mente"

la città prosegue. Chi arrivasse oggi sulle rive del lago riconoscerebbe una cinta muraria molto permeabile e trasparente, un tempio, una cucina da campo, un parlamento che non finisce mai, un palco cupolato, un forno con piano di lavoro, una marmitta che sembra la punta di un missile nucleare, ma che mi dicono essere un recipiente per fare il formaggio.
A passare il tempo alle plaze si imparano molte cose. L'esigenza di costruire con i materiali di recupero spinge le persone che lavorano alla costruzione della città ad ingegnarsi e imparare tecniche costruttive nuove.
La pianta rampicante, ad esempio, che infesta il boschetto della plaze e ammazza gli alberelli, si è rivelata un ottimo materiale per rivestire i sedili del parlamento, e per fare stare più comode le persone che interverranno nelle assemblee.
I noccioli, che crescono ovunque e soffocano il sottobosco, sono flessibili e resistenti, utili per costruire forme, le più disparate. Andatevi a vedere il palco, ha una cupola alta che rivaleggia con san pietro, e quella è fatta di noccioli. La natura è materna, non matrigna. La natura ci dona una quantità incredibile di cose, se sapessimo riconoscere cosa può darci la natura, potremmo vivere felici senza consumare come i dannati.
Ecoart, qualcuno potrebbe pensare, celebra un ritorno alle origini, è una ricerca un contatto più profondo e direttto con la natura e i giovani che si stanno dando da fare in queste settimane sono dei novelli Thoreau e santa giustina è Walden. Questa è solo una possibile lettura della faccenda. Gli ecoartiani non desiderano un ritorno al neolitico, seppure elettrificato, nè negano la civiltà dei consumi, visto che alcuni vestono pure firmato. Desiderano riappropriarsi di un luogo, ricrearlo, pulire i pertugi del lago e contemporaneamente passare il cotton fioc nei meandri del cervello. C'è chi arriva alla croce di cemento e sorride, perché sa che sta arrivando alle plaze, c'è chi sogna la notte nuovi assetti urbanistici della città, c'è chi immagina un nuovo modo di essere in relazione, a partire dalla magia di un fuoco e di un parlamento.
Non durerà, niente è in eterno, nemmeno i diamanti. Ma per chi è dentro questa storia, la vita ha un buon sapore. Hay un mundo mas allà

venerdì 26 ottobre 2007

"Piove, governo ladro!!"

guardi fuori dalla finestra e vedi il cielo grigio su, le foglie gialle giù. é prprio autunno, in california adesso vanno in surf, noi invece apriamo gli ombrelli. Ma non basterà un po' di pioggia fine a scoraggiare gli ecoartiani, che, come lemmings operosi, anche domani e dopodomani si metteranno a lavorare per completare il lavoro iniziato.
Ogni settimana un'inaugurazione. Domani tocca al forno balenottero, dotato di un'ampia bocca per inghiottire pizze.
La lista delle pizze:
1. pizza del vogatore: super energetica ad alto conenuto calorico, ma al contempo leggera per permettere una vogata vigororsa
(mozzarella, pancetta, uova, patate, red bull)
2. pizza del sindaco: nutriente, partecipe, accogliente
(mozzarella, speck, peperoni) in regalo un buono acquisto per una libreria del capoluogo
3. Pizza all'uovo (di colombo)
mozzarella, pomodoro, uova, asparagi (un po' cara, 4,5 milioni di euro, ma ne vale la pena)
4. Pizza sorpresa
Pomodoro mozzarella e ... una scelta di frutti di lago. Per i più temerari
5. Pizza alla mela
e poteva mancare???
6. Pizza "perchè non..."
ci puoi mettere dentro quello che ti pare, a te la scelta!

Buon appetito!!

martedì 23 ottobre 2007

"La spedizione"


Il freddo si sente, penetra sotto la giacca, fa male alla pancia, ghiaccia le mani, le irrita, le secca. Rende le labbra livide ed esili, fa serrare gli occhi, ti costringe ad abbracciarti.Tirava un vento sostenuto, sabato e domenica, che da nord a sud spazzava la valle e il lago, se qualcuno avesse avuto il coraggio di imbracciare un windsurf, si sarebbe divertito, sicuro.Perplessità, tra gli organizzatori. Bisognava di decidere se affrontare il lago e l'incognita del vento e delle onde, o se invece optare per una rassicurante giornata con i piedi ben asciutti, a costruire pezzi di città. La zattera era lì, che rollava e beccheggiava , scossa da un fremito costante, quasi impaziente di prendere il largo, e sfidare le onde. Pareva dire: "son qua, mettetemi alla prova, sono Aguirre, il furore degli dei, mica una qualsiasi cazzutissima barchetta da diporto!".Uno sguardo tra alcune persone, un lampo di complicità e la decisione: "si va!"Da questo momento la storia perde i contorni della cronaca e assume i toni della leggenda. Ecoart è parola, prima di tutto. La parola razionale e concreta delle richieste ai comuni, dei materiali da raccogliere, degli ingredienti per la pasta, ma anche la parola immaginifica dei racconti delle spedizioni, dei sogni di nuove città. La parola essenziale degli scambi telefonici, per dirsi quante viti portare, la parola spessa ed esagerata per descrivere prodigi e sirene, incontri con se stessi e con gli dei.Avreste dovuti sentirli appena dopo lo sbarco: pareva che avessero attraversato il polo nord in triciclo, che avessero sfidato gli elementi naturali, e che avessero vinto.Rossi in faccia, provati dalla fatica, ma con un sorriso di beata riconscenza alla realtà.Se non c'era il Franco, sarebbero ancora lì, a remare contro il vento.
Non sapremo mai cosa è effettivamente successo. la videocamera ha smesso di funzionare nel momento topico.Rimarrà sempre un seducente mistero, che cosa hanno visto davvero quegli uomini e quelle donne, su una zattera alla deriva, un sabato di fine ottobre.

domenica 21 ottobre 2007

"Potere alla parola"

Difficile sintetizzare in un unico post quello che è successo sabato. Si accavallano le immagini e le parole, c'è stato un entusiasmante salto di qualità nel lavoro, nelle relazioni, nel cibo.
il parlamento, seppur incompleto è stato inaugurato. é stato un momento importante per la città, che da oggi ha un luogo dedicato al dibattito e alla discussione. All'ora delle streghe, 30 persone hanno trovato posto nelle gradinate vegetali e hanno parlato.
Per qualche momento sembrava di volare sul lago. Il fuoco ardeva gagliardo e le voci si alternavano, non era nemmeno freddo, anche erano 0 gradi. La ricreazione non è ancora finita, la neve ne decreterà la fine, forse...


venerdì 19 ottobre 2007

"Laboratorio artistico di riutilizzo rifiuti"

Sabato 20 Ottobre 2007 e Domenica 21 ottobre 2007

La Città dell’Utopia di EcoArt 2007 apre i suoi confini mentali a tutte le persone interessate, organizzando per Domenica 21 ottobre un laboratorio artistico di riutilizzo artistico e creativo dei rifiuti pescati nel lago attraverso le varie spedizioni che la ormai nota Zattera sta effettuando da un mese a questa parte. A partire dalle ore 14, presso Le Plaze a Dermulo, l’artista David Aaron sarà infatti a disposizione per mostrare e per insegnare come donare nuova vita al rifiuto, operando un rovesciamento concettuale importante che vede la “ri-creazione” di un qualcosa che non serve più e che inquina in un oggetto artistico in grado di essere invece meraviglioso e utile al tempo stesso. Il laboratorio ripercorre così la metafora che caratterizza il senso di Ecoart 2007, ovvero la capacità dell’uomo di trasformare, di ri-creare, attraverso la ricerca e l’espressione collettiva di nuove idee, i luoghi fisici e mentali che abitiamo ogni giorno, affrontando le storture, gli inquinamenti, le ingiustizie, con uno sguardo teso all’utopia, alla possibilità di dare nuovo senso alle cose.Le opere artistiche prodotte con i rifiuti verranno poi ulteriormente ri-utilizzate come oggetti di senso da collocare all’interno della città che sta progressivamente crescendo sulle sponde del Lago di S. Giustina e che anche questo weekend vedrà impegnate numerose persone provenienti da tutto il Trentino nell’opera di pulizia del bacino e di allestimento dei luoghi e delle opere artistiche.

Il laboratorio di ri-creazione dei rifiuti è gratuito, chi volesse partecipare è pregato di contattare David Aaron al numero 339-2503730.Yo production – Presidente Dalpez Tommaso cell. 334/3320147

mercoledì 17 ottobre 2007

"Modern life is rubbish"

l'immondizia finirà per travolgerci, per tapparci il naso e le orecchie. C'è chi fa gli afffari con l'immondizia, c'è che la venera come nuovo feticcio della post-modernità, c'è chi la butta senza pensarci. C'è chi la raccoglie, come quelli di ecoart. Tanta bella immondizia che riveste elegantemente le rive franose del lago della Giustina, e che proviene da chissà dove. Osservateli bene questi oggetti, e vi diranno qualcosa sulle abitudini degli abitanti anauni.
A chi saranno appartenuti quegli infradito? Era una ragazza che correva felice per i meli, e poi un pomo le cadde in testa, e perse i sensi e gli infradito, che scivolarono nell'acqua e si donarono all'immenso lago. Quei barattoli colorati, che cosa sono? Chiedilo ai pescatori, che dai barattoli pescano vermetti da infilzare sull'amo per ingannare i pacifici pesci; solo che poi, finiti i vermetti i barattoli volano in acqua, tanto il lago è grande e nessuno mi vede.
La sete è tanta, se lavori duro, e la plastica contiene l'acqua da bere. Quando mi sono dissetato, la bottiglia mi cade di mano. Ci penseranno quelli di ecoart, un giorno, a farne un'opera d'arte. I cotton fioc sono ovunque, anche nei sogni della gente, sogni di bastoncini azzurri che sfilano come reclute di un immenso esercito.Consider the environment before throwing your cotton fiokk away

domenica 14 ottobre 2007

"Octoberfest"

Che bel fine settimana! Ottobre può essere un mese speciale, se l'anticiclone si posiziona sul nord italia. oppure orribile, se il ciclone ci investe. In questi giorni c'era il meglio dell'ottobre. l'aria tersa e pulita, i colori intensi, accesi, una temperatura piacevolissima riscaldava senza affaticare. C'erano le condizioni ideali per lavorare sodo, buttar su palazzi, erigere chimere di alberi e fronde.
Ma si sa, gli uomini son fatti per lavorare duro, senz'altro, ma anche per oziare un po', indugiare nella chiacchiera fitta, stiracchiarsi al sole, concedersi un po' di dolce niente.
Ebbene gli ecoartiani questo fine settimana si sono un po' persi in chiacchiere, in stime e calcoli, in contemplazioni, e la città è rimasta un po' ferma.
Ci sono delle notevoli eccezioni, come sempre. C'è chi ha duellato per intere ore con chiodi che non ne volevano sapere di raddrizzarsi, c'è chi ha fatto il turno delle 6 la domenica mattina e poi è corso in valle a issare alberi giganti per poi tornare a finire il turno, c'è chi ha radunato un numero impressionate di sassi attorno al forno balenottero, che oggi ha gli occhi verdi come il vetro. Ma c'era nell'aria un non so che di svacco, un atmosfera di sensuale abbandono al momento.
Neanche la zattera ha funzionato. Per motivi ancora da chiarire, la notte di venerdì la zattera ha preso il largo senza dire niente a nessuno e ha navigato fino alla diga, lasciando gli acquatici a bocca asciutta. L'hanno recuperata, abbastanza malconcia, in una riva desolata. C'è chi si diverte a fottere cime, in codesta valle di non. E a spezzare remi, lasciando interdetti gli operatori del servizio trasferimento legna.
Ci ha pensato the king of the rock a risollevare l'animo della ciurma, con alcuni brani cantautorali di rara intensità, che riproporrà, aggiornati e rivisitati, in future occasioni, tenetevi forti.
Aguirre. La zattera piena di scimmie è una delle immagini più potenti della storia del cinema. Della mia storia personale, almeno.

venerdì 12 ottobre 2007

"Sabato e domenica"



e come ogni settimana, arriva il venerdì, e poi il sabato e poi la domenica. La vita ha bisogno di certezze, altrimenti saremmo come rami caduti in balia delle onde.
il freddo comincia a picchiare, da oggi ogni respiro è una nuvola e le cose si complicano meravigliosamente. Se non ci fosse l'imprevisto l'utopia non avrebbe lo stesso gusto. Qualcuno potrà pensare che siamo dei masochisti, a lavorare con l'inverno che incombe, e anche dei sadici, a costingere la gente a visioni mistiche con l'umidità che penetra nelle ossa. Ma a noi non interessa essere commerciali, preferiamo l'intensità autunnale alla leggerezza estiva, preferiamo il free jazz a viva fm, preferiamo i tronchi galleggianti ai dragoni caciaroni.

Da questa sera riprendono i lavori di costruzione della città. e poi, domani, come ogni sabato, i buchi sull'acqua, le visioni utopiche in luoghi improbabili. Il menù prevede Herzog.

lunedì 8 ottobre 2007

"La pioggia"

Fine settimana ricco di episodi.

sabato. il tempo la mattina non lascia presagire niente di buono. Nuvole basse gravano sulla valle e promettono pioggia. L'umidità supera il 90% e al campo base si cercano le motivazioni per affrontare la giornata tra una sigaretta e un caffè, qualcuno prova con una birra.

Ore 10,00. Un timido ticchettio sulle foglie delle plaze annuncia la pioggia, che da quel momento cadrà copiosa tutto il giorno, fino al tardo pomeriggio. I 12 presenti la mattina si dividono in due squadre: i terrestri e gli acquatici.

Gli acquatici sono i più temerari, affrontano il lago su una zattera bidonata, muniti di remi e di tanto romantica passione utopista. A vederli, mentre sovrappongono strati di vestiti per ripararsi dalla pioggia, penseresti a dei figuranti di un'opera contemporanea sul mondo dei rifiuti. Si è distinta una nuova recluta, venuta dalle prealpi vicentine in jeans dolce e gabbana e sneakers adidas, che ha attinto ad un sacco di indumenti usati addobbandosi alla bellemeglio con: giubbottino exstrasmall che arriva all'ombelico, pettorina in puro sacco nero della monnezza tagliato in corrispondenza delle maniche, jeans da boscaiolo 3 taglie più grandi. Un vero freak.

I terrestri dispongono un'ampia copertura 9x9 in zona campo base per lavorare all'asciutto e si dedicano ad alcune opere fondamentali della nascente città: il tavolone dei banchetti, il parlamento, la cucina, il forno balenottero per la pizza.
il tavolone dei banchetti: accoglierà i viandanti e gli ospiti di ogni dove. Lì troveranno ristoro le maestranze della costruenda città e magari ci scapperà qualche briscola.
il parlamento: non può mancare nella città il luogo della parola, della discussione, della democrazia. Ecoart è anche un evento di idee e di pensieri, il parlamento arboreo è il luogo in cui troveranno cittadinanza.
Il forno balenottero: 300 kg di metallo, porfido e calce, per una portata oraria di 250 pizze.
Sfameremo tutti quelli che ce lo chiedono e forse lo lasceremo ai posteri, perchè tra dieci anni possano sfamarsi ancora.
la cucina. moderna cucina attrezzata con ogni comodità, capace di soddisfare le esigenze delle casalinghe più esigenti.

alle 16.00 inattesa e graditissima sorpresa di quei mattacchioni dei sindaci valligiani, che, accompagnati da Mr comprensorio e dal suo fedele scudiero delle forre, passano in rassegna le innumerevoli bellezze del lago più artificiale del mondo.
Segue, sotto il portone della città, una presentazione del progetto , che i sindaci seguono con un misto di preoccupazione e meraviglia, che culmina con l'annuncio del ritorno della zattera degli acquatici.
Il gruppo trotterella fino al lago, in tempo per ammirare il ritorno della zattera bidonata, accompagnata dai raggi di sole che tornano a filtrare tra le nubi scure, ricolma di imprevedibili doni del lago. In mezzo al mucchio di rifiuti lignei, a mo' di albero maestro, un tronco di 10 metri.
Momento di rara emozione, gli acquatici sbarcano tra due ali di folla festante, godendosi la giusta ricompensa per un'impresa che non esiteremmo a definire epica. (ha caricato un po' il racconto, ma ci stava...)

La sera, dalle 18, allestimento della zona dello stalker, a un km circa dalle plaze.
alle plaze c'è il cuore della città e delle attività, ma ecoart non disdegna nemmeno escursioni in luoghi insoliti e ameni del bacino di santa giusta, come quello che ha ospitato il film, la notte di sabato: un terrazzino vista lago, raggiungibile dopo aver percorso un lungo tunnel scavato nella roccia al tempo della diga. tutto molto suggestivo.
Alcune tappe hanno scandito l'avvicinamento al luogo prescelto, durante le quali sono stati letti pezzi selezionati di letteratura autoprodotta.
il drive in ha avuto un successone, 40 persone. Stiamo ancora cercando qualcuno che ha ammesso di aver visto il film tutto intero. A chi lo ha visto tutto, ecoart2007 regala un fine settimana alle plaze di puro piacere/duro lavoro.

venerdì 5 ottobre 2007

"Lavori in corso"

il programma del fine settimana

sabato, dalle 9 e 30, per tutto il giorno

tre azioni in contemporanea:
a. pulizia del lago, dei canyon, delle rive e del bosco
b. costruzione della città
c. allestimento della "zona" dello stalker

è previsto l'accompagnamento di letture e musiche scelte, dai madrigali al techno-punk
dotarsi di: guanti, scarponi solidi, vestiti, rum dominicano (consigliato: Ron Brugal), pile, pile (pronuncia: pail), berretti.
portare: se stessi, gli amici, le amiche, spirito di squadra, partecipazione, idee
A seguire, di sera, film, fuoco, canzoni, filò, chiacchiere...

giovedì 4 ottobre 2007

"Cineforum..."

i sabati sera in zona ecoart 2007 si proiettano dei film...
é un cineforum, ma di natura particolare. I film sono scelti in base ai temi che raccontano, o in base alla loro congruenza con lo spirito utopico di ecoart, e il luogo in cui avvengono le proiezioni non è mai lo stesso. Una volta abbiamo proiettato un film su di un telo in mezzo al lago, una volta ci siamo gustati il film nel bosco, infilati nei sacchi a pelo.
La prossima volta chissà dove proietteremo Stalker, film enigamtico e profondamente simbolico del maestro russo. Abbiamo due tre idee...

La trama:
Un metorite caduto sulla terra ha prodotto strani fenomeni in una zona, prontamente protetta e recintata dall'esercito. Per entrarci esistono però delle guide clandestine, chiamate "Stalker", capaci di condurre chiunque lo richieda fino alla "camera dei desideri". Uno scrittore, uno scienziato e uno stalker partono verso la misteriosa zona. Ne torneranno profondamente cambiati.
Preso in prestito dall'inglese, STALKER significa colui che si avvicina furtivamente o, se preferite, l'esploratore. Tratto da un racconto dei fratelli Strougatsky STALKER è in primo luogo la storia di questo esploratore. Che, abbandonata la moglie e la figlia si unisce ad uno scienziato e ad uno scrittore per scoprire un paese lontano e proibito. Al centro del quale, in una stanza misteriosa, si esaudiscono tutti i desideri.
Romanzo di fantascienza quindi: ma ogni film di Tarkovsky, dal celebre ANDREJ ROUBLOV a SOLARIS e a LO SPECCHIO sfugge alle classificazioni Nell'opera di questo erede (forse il più grande) del mitico cinema sovietico, ogni film è una riflessione sullo sfondo che accompagna i personaggi nelle loro vicende. Ogni storia di Tarkovsky e quindi un veicolo, forse un pretesto per parlarci della condizione dell'uomo. Di quella nella società in cui Tarkovsky vive (e non per niente i suoi film sono stati tenuti a lungo sottochiave dai sovietici); ma anche di quella che tiene più o meno prigioniero ogni individuo, in ogni parte del creato. Toccato dalla grazia di saper trasformare ogni immagine del quotidiano in fantastico e in metaforico, Tarkovsky fa del viaggio di STALKER una lunga iniziazione, un apologo a momenti straziante sul destino dell'uomo, sul ruolo della società, sull'assenza della fede.
Non è un film di facile lettura, come tutti quelli del suo autore. E contiene passaggi, come la parte centrale nella quale i dialoghi sembrano per un istante avere il sopravvento sulla forza straordinaria dell'ambiente, dove la matrice intellettuale può anche disturbare. Ma contiene anche immagini, e trasmette emozioni di una forza e di una sensibilità quali raramente il cinema raggiunge. E nelle quali mistero e realtà si fondono e si rilanciano meravigliosamente.


mercoledì 3 ottobre 2007

"Pulizia..."


in esclusiva mondiale per il nostro blog, riceviamo le foto della spedizione di pulizia delle sponde zozze del lago di santa, svoltasi sabato e domenica scorsi, ad opera di un manipolo di valorosi, che avrebbero potuto starsene a casa, o guardare la tv, o cacciarsi nei guai e invece hanno pulito un pezzo del mondo e hanno raccolto del materiale incredibile. Sono le foto di un'impresa epica, svolta in condizioni estreme, dando del tu al pericolo, sfidando gli eventi e le insidie.

domenica 30 settembre 2007

"E' iniziata la raccolta..."


In Valle di Non, in questi giorni, tutti gli abitanti o quasi, sono impegnati in un unica attività: raccogliere, o, meglio, “coir”. Mesi di preparazione, di studio attento delle piante, del clima, fino al fatidico giorno, in cui il Consorzio si pronuncia e dice: “via, si parte”, e per tre settimane circa i campi si affollano di solerti raccoglitori che sono i figli della valle ma che negli ultimi anni sono spesso stranieri dell’est o africani.
La mela più che mai in questo periodo diventa il centro della vita dell’anaunia, ma c’è qualcuno, sull’ultimo lembo di terra sfuggito alla coltivazione delle mele, che si dedica ad altro.
L’area delle Plaze è un luogo particolare della valle. Se non conosci il luogo esatto difficilmente ci arrivi, la strada che vi conduce, poco sopra Dermulo, potrebbe essere scambiata per una strada padronale che porta in mezzo ai campi. Se anche imboccassi la strada giusta, e arrivassi fino alle Plaze, la prima impressione non sarebbe un granchè. Una radura ampia circondata da un bosco fitto e intricato, una strada che declina verso le rive scoscese del lago. Se il livello del lago è basso, la strada per l’acqua è lunga e ti tocca camminare un po’ su una sassaia franosa. Il paesaggio è grigio, qualcuno direbbe lunare. Tira aria, di giorno da sud a nord, la sera cambia direzione e spinge la corrente verso la diga.
Per alcuni abitanti della valle di Non le Plaze però significano molto. Sono l’unico luogo della valle dove non ci sono meli tra le scatole, dove si possono vivere serate interessanti e divertenti senza girare come pazzi in macchina, dove basta accendere un fuoco per accendere la parola, dove puoi infilarti nel grand canyon a 3 km da Dermulo.
Qui, mentre la valle impazzisce per raccogliere le mele, succede che un gruppo misto anauno-trentino si dedica ad altro. Non passa il tempo affaccendato tra secchi e scale a raccogliere i benedetti-maledetti pomi, ma coltiva la tortuosa strada dell’utopia, dedicandosi ad altro tipo di raccolta. A pensare solo alle mele, alla fine ci si convince che la valle possa dare solo mele. E non si pensa ad esempio al lago e ai multiformi doni che riserva a chi ha la pazienza e la follia di raccoglierli. Sabato, per un paio di ore o poco più una squadra di volenterosi ha percorso un tratto di riva con la zattera battente bandiera birmana, prelevando dalle rive del lago qualche quintale di legna e materiale vario che ha trasportato in zona plaze per destinarla alla costruzione della città.
I pezzi di legno, lisciati dai flutti impetuosi che si gettano nel lago dalle montagne vicine, assumono le forme più strane e ad osservarli bene ci vedi teste di dinosauri,la tromba di Miles Davis, l’ala di un angelo o quello che in quel momento ti suggerisce la mente.
L’utilizzo dei pezzi di legno è ancora da decidere, e qui sta il bello di Ecoart, pur nell’ambito di un disegno complessivo, c’è molto spazio per l’improvvisazione, per farsi ispirare da una nota, da un movimento, da un’idea nata lì per lì, proprio come facevano quei tali, su un palco inglese, 37 anni fa circa. Non è un caso che sabato sera si sia proiettato “a different kind of blue”, il concerto di Miles Davis e dei suoi amici al festival dell’isola di Wight, “il più grande festival pop della storia”. Il documentario, suggestivo e coinvolgente, trasmette la magia di quegli attimi, in cui alcuni straordinari musicisti si trovarono a suonare jazz davanti a una platea immensa e sperimentarono intrecci, intese, dialoghi nel momento, assecondando il flusso delle note e l’energia della musica. Una cosa potentissima, è per questo unica, irripetibile, storica.
Fatte le debite proporzioni, ecoart è una jam session di individui benintenzionati a creare suggestioni, visioni, occasioni di socialità nuove e mai sperimentate, con un obbiettivo chiaro in testa, ma mille modi possibili per raggiungerlo.
L’obbiettivo è ricreare un luogo, farlo diventare uno spazio di relazioni e di senso, contribuire a disegnare una nuova socialità per la valle di Non, alternativa alla parrocchia e alle sbornie da pub, inventare un modo diverso di intendere i rapporti umani ed economici alternativi alla razionalità economica del pomo-pensiero.

Per giungere a questa meta ci sono mille modi possibili, ma che dovrebbero tutti rispondere ad almeno tre requisiti:
• essere esteticamente notevoli
• essere simbolicamente rilevanti
• essere utopici e umanisti nel senso che devono essere caratterizzati dalla fiducia nell’uomo e nella sua possibilità di rendere il mondo un luogo bello, giusto e ospitale.

Una cosa da poco, come è evidente, ma tutti gli sforzi vanno in questa direzione.
Ogni fine settimana, alle Plaze, si lavora per trovare i modi. C’è bisogno di braccia, idee e cuori.

mercoledì 26 settembre 2007

"Circle in the round"



Circle in the round
Hendrix e Davis all’isola di Wight

Lui mi influenzò e io influenzai lui e questo è quello di cui è fatta sempre la grande musica. Tutti che mostrano a tutti gli altri qualcosa e poi da lì si parte e si va avanti.


Nell’autobiografia Miles Davis ricorda la propria fascinazione per la musica di Hendrix. In un modo piuttosto vago allude anche a delle sessions casalinghe, durate qualche mese, che lo videro suonare insieme al chitarrista.
Per la precisione Davis sostiene d’aver suggerito al guitar-hero che, con suo massimo stupore, non sapeva leggere gli spartiti musicali, alcune melodie che poi Hendrix avrebbe utilizzato soprattutto per il suo ultimo progetto musicale con la Band of Gypsys.
Da almeno trent’anni si favoleggia, tra i collezionisti e gli appassionati, dell’imminente pubblicazione (sempre rimandata) di alcuni fantomatici nastri che documenterebbero quegli straordinari incontri.
Gianfranco Salvatore, autore di un imprescindibile studio sulla cosiddetta svolta elettrica di Davis , esclude in modo pressoché categorico, l’esistenza di materiale registrato di quel genere e anzi ricostruisce con dovizia la cronologia di quelli che definisce: incontri mancati tra i due sommi musicisti.
Il più clamoroso si sarebbe potuto concretizzare in un disco vero e proprio di Barocco-blues-flamenco (come lo definiva lo stesso Hendrix in un’intervista ) arrangiato da Gil Evans, prodotto dal mitico Alan Douglas, che prevedeva le stellari performances musicali dello stesso Evans al pianoforte, Davis naturalmente alla tromba, Hendrix altrettanto naturalmente alla chitarra e del enfant prodige Tony Williams alla batteria. Troppo bello per essere vero, e infatti non se ne fece niente, nemmeno una nota fu mai registrata dal fantasmagorico supergruppo.
La prematura morte di Hendrix stroncò il progetto sul nascere. Una celebre foto ritrae un addolorato Davis insieme a Jakie Battle e alla vedova nera Devon Wilson, al funerale di Hendrix. E’ un’immagine emblematica che in qualche modo segna la fine di un’epoca musicalmente meravigliosa che concludendosi, in molti casi tragicamente (Brian Jones, Jim Morrison, Janis Joplin, ecc.) in altri in modo più mediatico (il 10 aprile 1970 con un celebre comunicato stampa, Paul McCartney annunciò la fine dei Beatles), avrebbe dato vita ad un’altra altrettanto splendida.
Si spegnevano le luci e i colori della psichedelia e si spalancavano le porte della percezione del Jazz rock, della musica progressiva (Progressive rock), della fusion, dell’elettronica e della world music. Se si prendono in esame, a questo proposito, gli album pop, rock e jazz pubblicati tra il 1969 e il 1970 c’è da rimanere sbalorditi davanti alla quantità di capolavori assoluti che ci si trova davanti. Tanto per buttar là qualche titolo non ancora troppo abusato e logoro:

Charlie Haden, Liberation Music Orchestra (1969)
Quicksilver Messenger Service, Happy Trails (1969)
King Crimson, In the Court of the Crimson King (1969)
Frank Zappa, Hot Rats (1969)
The Who, Tommy (1969)
The Soft Machine, Third (1970)

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martedì 25 settembre 2007

"Ecoart ha tre anni..."


ecoart compie tre anni. Le prime due edizioni portarono migliaia di persone alle "Plaze" di Dermulo e una grande energia, che ancora oggi vibra nei racconti di chi visse le prime due edizioni. Feste di arte, ecologia e musica che hanno fatto vivere un luogo, ma sopratutto l'hanno rispettato, lasciandolo migliore di come era prima.Una raccolta sragionata di materiali per tuffarsi in ecoart 2005-06 e capire che cosa accadde, in un paio di fine settimana d'estate, alle Plaze.

"Stampa"

Operazione di pulizia nelle acque di Santa Giustina

In occasione della terza edizione di Ecoart, in programma ad ottobre, i volontari raccoglieranno i rifiuti galleggianti che ci sono nel lago

fonte: L'Adige

TAIO - La terza edizione di Ecoart non sarà una festa come le due precedenti, ma un momento di intensa riflessione. Oltre che di impegno diretto: «Yo production», che organizza l'iniziativa, ha messo in programma una vasta operazione di pulizia delle acque di Santa Giustina, che impegnerà gli «addetti ai lavori» per tutti i week end del mese di ottobre. «Abbiamo promosso molte iniziative, ottenuto buoni risultati - spiega Tommaso Dalpez , aprendo la conferenza stampa indetta a Taio per presentare l'evento - Ma abbiamo voluto analizzare i limiti delle precedenti edizioni di Ecoart: una grande festa, un grande evento, ma a conclusione di due o tre giorni ognuno se ne andava per la propria strada. Una festa non dissimile da tante altre; abbiamo voluto andare oltre, mettendo al centro l'utopia». L'utopia è quella di vedere dei volontari, e un sempre maggior numero di persone, impegnate sul lungo periodo nel vasto campo delle problematiche sociali. Non più festa, ma una cosa del tutto diversa. «Poniamo sempre al centro località Plaze di Taio, ma non in modo stanziale come avvenuto in passato - annuncia Tommaso -. Con delle imbarcazioni praticheremo la "pesca a strascico" dei rifiuti galleggianti sulle acque di Santa Giustina, una quantità infinita. Li porteremo tutti a località Plaze, e lì con quei rifiuti costruiremo una città simbolica, con parco giochi per i piccoli, il teatro per momenti di spettacolo, e soprattutto una piazza, dove dibattere i problemi del nostro vivere, attorno ad un falò». Un' operazione che prenderà il via sabato mattina, per continuare l'intera giornata di domenica, ed essere riproposta per tutti i week end di ottobre. «Siamo sempre contenti di ospitare le iniziative di questi giovani», afferma Bruno Campadelli , sindaco di Taio. «Stiamo da tempo lavorando ad una valorizzazione di località Plaze, all'interno del progetto generale inerente il bacino di Santa Giustina, e siamo molto favorevoli al confronto con ogni realtà». Il progetto generale che «Yo production» presentato in questi giorni ai comuni di Taio, Tassullo, Sanzeno e Cles (già sostenitori di precedenti iniziative) prevede anche dei costi: stando all'elaborato, 14 mila 600 euro. «Noi ci autofinanziamo, per ora, ma chiediamo una partecipazione ai vari enti», afferma Tommaso Dalpez. «Nei prossimi giorni presenteremo il progetto annuale di Ecoart agli altri comuni rivieraschi, perché si tratta di una cosa che interessa l'intera valle di Non». Sui costi ridimensiona le cose Enrico Spagna , rappresentante del «Laboratorio sul moderno», con cui da tempo Yo production collabora: «Bisogna capire, ad esempio, se degli artisti propongono dei momenti di spettacolo lo fanno gratis, a sostegno di un'idea. Semmai chiediamo un intervento sui materiali, ma anche quelli in buona parte possono essere recuperati. Per la costruzione della nostra «città» del dialogo, a località Plaze, sarebbe sufficiente recuperare tutto il legname sparso sulle rive di Santa Giustina». Sabato si parte. «Anche se Ecoart è già iniziata da due mesi, coinvolgendo un buon numero di volontari», precisa Tommaso Dalpez. Quanto meno, si parte con la «pesca» dei rifiuti galleggianti sulle acque del lago. Poi si costruisce la «città», si accende un falò, e tutti lì attorno a dibattere dei problemi sociali ed ambientali che interessano la valle di Non.

Guido Smadelli

lunedì 24 settembre 2007

"Presentazione ecoart07"

Visti i risultati e i traguardi raggiunti negli anni passati siamo a presentare la terza edizione di EcoArt. Quest'anno al centro del progetto sarà l'idea di Utopia.
Il termine Utopia è controverso, oggi per lo più suona lontano, rimanda a cose fuori dal mondo, può anche spaventare.
Per quanto ci riguarda l'utopia è diventata un'esigenza: nostra, del lago, della Valle di Non, dell'ambiente e delle città che la compongono. L'esigenza è quella di mettere e mettersi in discussione, ripensare le cose, trovare nuovi significati, sempre con l'obiettivo di cercare migliori possibilità per l'uomo e ciò che lo circonda.
Quanto segue è, da un lato, il tentativo di spiegare come la conoscenza, l'immaginazione, la discussione e piccoli-grandi gesti possano contribuire, se non a realizzare l'utopia, quanto meno a fare sì che qualche cosa all'orizzonte si cominci a intravvedere; dall'altro una richiesta di appoggio e sostegno.
Prima di entrare nello specifico del progetto è necessario dire che EcoArt07 è iniziata ormai da alcuni mesi, mesi nei quali ci siamo incontrati, abbiamo riflettuto su alcune intuizioni, si sono fatti esperimenti e tentativi. Da qui, anche se pensiamo che forse solo alla fine potremo dare un senso compiuto all'utopia, un punto fermo nell'utopia Ecoart07 pensiamo si possa mettere: sarà un viaggio. Una sorta di lungo, lento, leggero viaggio in cui l'esigenza è adesso quella di riuscire a spiegare le vele.
Non è un viaggio fine a sé stesso ma ha punti di partenza e traguardi per quanto lontani. Non è un viaggio in solitaria, al contrario necessita di partecipazione, condivisione e fiducia. Non è un viaggio lungo rotte già tracciate e per questo, per far sì che lo smarrimento non significhi mera velleità, necessita più che mai di conoscenza, attenzione, attese, tenacia e immaginazione.
È un viaggio iniziato da pochi, su una barca e alcune canoe. Adesso si dispone di qualche barca in più e una grande zattera, non basta, EcoArt07 non è in un lago e nemmeno in mare aperto ma in un luogo molto più vasto, difficile e profondo.

giovedì 20 settembre 2007

"Introduzione..."

Benvenuti nel blog di Ecoart 2007. Un posto dove inserire idee, proposte, commenti sulla lunga "ricreazione" al lago di Santa Giustina, Valle di Non, Trentino, Italia.
Ieri sera riunione nella tenda del consiglio, fervono i preparativi, ribolle l'energia, saltano fuori idee come cavallette da un prato.
C'è molto da fare, rivolgiamo un appello a tutti quelli che sono incuriositi dall'inziativa, o che più semplicemente abbiano a cuore il destino del mondo, perchè vengano a trovarci. Siamo quasi sempre lì, alle Plazze di Dermulo, dove il prato diventa roccia e poi acqua, sopratutto i fine settimana, ma non solo. Nei prossimi giorni faremo molte cose. Qualcuno dice troppe, ma non c'è limite alla creatività e al desiderio umano di conoscere e inventare nuovi mondi.
Bisogna pulire il lago, allestire una città, fare un cinema, il forno della pizza....

Seguiranno dettagli e approfondimenti sull'idea di fondo, sulla filosofia del progetto, sulle attività che svolgeremo.